Maggio mese mariano |
Quinta domenica di Pasqua - anno B
Me ne vado! L’impazienza che spezza le relazioni.
Aspettare.
Prima che la vite porti frutto, occorre aspettare e avere pazienza. C’è prima di tutto il tempo in cui la vite viene piantata: deve passare molto tempo prima che cresca, si deve irrobustire, c’è bisogno che qualcuno se ne prenda cura costantemente senza vedere al momento alcun risultato apparente. Il contadino deve avere non solo molta pazienza, ma anche tanta fiducia, per non dire poi di tutto quello che può intervenire a rendere più difficile la crescita della vite, intemperie e incidenti che non sono prevedibili. Eppure se vogliamo raccogliere il frutto, dobbiamo necessariamente aspettare.
Fretta.
Questo vale anche per le nostre relazioni, dalle quali usciamo forse troppo frettolosamente, spinti dalle nostre tempeste emotive, soprattutto quando intervengono le potature, quando siamo feriti e sfrondati. A noi sembra che stiamo morendo, ma in realtà è proprio quella potatura che ci permette di portare più frutto. È evidente che questo avviene anche nella relazione con Dio, perché non sempre siamo disposti ad aspettare i suoi tempi, non sempre siamo contenti del suo modo di agire. Ce ne andiamo anche dalla relazione con lui, non ci fidiamo più, lo mettiamo da parte. Magari rimaniamo anche in casa con lui, ma non ci parliamo più e cominciamo a sentirlo come qualcuno che ci opprime o che ci ha deluso.
Rimanere.
Parlando ai discepoli, Gesù insiste sul verbo rimanere, forse per dire che è questo il verbo dell’amore. Rimanere vuol dire dare all’altro un’altra possibilità, rimanere significa non fuggire lasciandosi travolgere dalla propria rabbia, rimanere significa provare a capire che cose è successo. Forse non sempre è possibile rimanere, perché quando il ramo si è spezzato, non è più possibile tornare indietro. Può capitare che anche nella relazione con Dio decidiamo di andarcene, ma forse è proprio quello il momento in cui cominciamo a morire, perché la vita non arriva più in noi, ci secchiamo e il mondo ci userà solo per bruciarci. Senza il Signore infatti non possiamo fare nulla, anzi diventiamo nulla.
Fidarsi.
Rimanere significa fidarsi dell’agricoltore. Il tralcio non sa cosa sia meglio per lui. Se Gesù è la vite a cui rimanere attaccati, il Padre è l’agricoltore, è lui che sa dove mettere le mani e che cosa sia meglio per ogni tralcio. Ecco perché rimanere significa fidarsi, lasciando che il Padre a volte intervenga anche con le potature. Al momento è difficile capirle, ma nel tempo ci accorgeremo come ci hanno aiutato a portare frutto.
(Don Gaetano Piccolo)
Aspettare.
Prima che la vite porti frutto, occorre aspettare e avere pazienza. C’è prima di tutto il tempo in cui la vite viene piantata: deve passare molto tempo prima che cresca, si deve irrobustire, c’è bisogno che qualcuno se ne prenda cura costantemente senza vedere al momento alcun risultato apparente. Il contadino deve avere non solo molta pazienza, ma anche tanta fiducia, per non dire poi di tutto quello che può intervenire a rendere più difficile la crescita della vite, intemperie e incidenti che non sono prevedibili. Eppure se vogliamo raccogliere il frutto, dobbiamo necessariamente aspettare.
Fretta.
Questo vale anche per le nostre relazioni, dalle quali usciamo forse troppo frettolosamente, spinti dalle nostre tempeste emotive, soprattutto quando intervengono le potature, quando siamo feriti e sfrondati. A noi sembra che stiamo morendo, ma in realtà è proprio quella potatura che ci permette di portare più frutto. È evidente che questo avviene anche nella relazione con Dio, perché non sempre siamo disposti ad aspettare i suoi tempi, non sempre siamo contenti del suo modo di agire. Ce ne andiamo anche dalla relazione con lui, non ci fidiamo più, lo mettiamo da parte. Magari rimaniamo anche in casa con lui, ma non ci parliamo più e cominciamo a sentirlo come qualcuno che ci opprime o che ci ha deluso.
Rimanere.
Parlando ai discepoli, Gesù insiste sul verbo rimanere, forse per dire che è questo il verbo dell’amore. Rimanere vuol dire dare all’altro un’altra possibilità, rimanere significa non fuggire lasciandosi travolgere dalla propria rabbia, rimanere significa provare a capire che cose è successo. Forse non sempre è possibile rimanere, perché quando il ramo si è spezzato, non è più possibile tornare indietro. Può capitare che anche nella relazione con Dio decidiamo di andarcene, ma forse è proprio quello il momento in cui cominciamo a morire, perché la vita non arriva più in noi, ci secchiamo e il mondo ci userà solo per bruciarci. Senza il Signore infatti non possiamo fare nulla, anzi diventiamo nulla.
Fidarsi.
Rimanere significa fidarsi dell’agricoltore. Il tralcio non sa cosa sia meglio per lui. Se Gesù è la vite a cui rimanere attaccati, il Padre è l’agricoltore, è lui che sa dove mettere le mani e che cosa sia meglio per ogni tralcio. Ecco perché rimanere significa fidarsi, lasciando che il Padre a volte intervenga anche con le potature. Al momento è difficile capirle, ma nel tempo ci accorgeremo come ci hanno aiutato a portare frutto.
(Don Gaetano Piccolo)
Foglio Avvisi del
28 APRILE 2024 Telefono Canonica: 0457635029 (Negli orari di segreteria)
Segreteria in canonica ad Arcole Venerdì dalle 16 .30 alle 18.30 Confessioni a Gazzolo il sabato 16.30 MAIL PER COMUNICAZIONI E AVVISI comunicazioni.uparcolegazzolo@gmail.com |
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CAMMINANDO SI APRE IL CAMMINO
Per una Chiesa in cambiamento in un cambiamento d’epoca.
Per una Chiesa in cambiamento in un cambiamento d’epoca.
CELEBRAZIONI DELLA SETTIMANA
Parrocchia S. Giorgio Arcole
LUNEDI’ 29 APRILE ore 19.00: Mazzi Bruna, Faggionato Giuseppe, Spiazzi Rina, Placido e fam., Prà Zita e fam.; |
Parrocchia S. Bartolomeo Gazzolo
MARTEDI’ 30 APRILE ore 19.00: sec. Int. Off.; |
CELEBRAZIONE DEI SACRAMENTI
BATTESIMI Scrivere a: comunicazioni.uparcolegazzolo@gmail.com |
PRIME COMUNIONI Arcole 5 Maggio Gazzolo 12 Maggio |
INFORMAZIONI, INIZIATIVE ED APPUNTAMENTI
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A PROPOSITO DI PACEChe cosa vuol dire schierarsi per la pace? «Noi vorremmo schierarci per la pace, ma che cosa vuol dire schierarsi per la pace?».
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Con questa domanda molto esigente il preside della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, don Massimo Epis, nel pomeriggio del 21 febbraio ha aperto l’intervista al card. Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, in visita presso la Facoltà, in una sala convegni traboccante di persone interessate a conoscere la situazione attuale in Terra santa. Ciascuno si sente la sola vittima Con molta franchezza il card. Pizzaballa ha evidenziato come l’estrema polarizzazione, da sempre presente in Terra santa, abbia raggiunto vertici di massima intensità. «In questo momento ciascuno si sente vittima, la sola vittima. Questo comporta una sorta di schieramento, di empatia assoluta nei suoi confronti, per cui se tu provi a esprimere empatia anche nei confronti dell’altro, è come se gli togliessi qualcosa che spetterebbe solo a lui». Non cedere a narrative esclusive L’esortazione rivolta al pubblico presente da parte del card. Pizzaballa chiede però di non commettere lo stesso errore. «Non è questo tipo di empatia ciò di cui abbiamo bisogno. Abbiamo bisogno invece che la comunità internazionale ci aiuti ad aprire orizzonti, non a chiuderli. Schierarsi per la pace significa non cedere alla richiesta di entrare dentro queste narrative esclusive, l’uno nei confronti dell’altro, ma avere il coraggio di resistere a queste situazioni anche al costo della solitudine e dell’incomprensione». Per l’intero articolo vedi:
https://ilregno.it/blog/che-cosa-vuol-dire-schierarsi-per-la-pace-andreina-pelullo |