«Possa la forza della speranza riempire il nostro presente,
nell’attesa fiduciosa del ritorno del Signore Gesù Cristo, al quale va la lode e la gloria ora e per i secoli futuri» Questo Anno doni forza a tutti i credenti e agli uomini di buona volontà impegnati nella costruzione della nostra società perché la vita civile sia “civiltà dell’amore”. In un mondo globalizzato le sfide sono più grandi perché tutto è connesso. È facile rassegnarsi alla mediocrità e divenire rinunciatari rispetto ai cambiamenti necessari. Il Giubileo aiuti a credere ancora possibile la pace tra le nazioni; a credere nella promozione della dignità di ogni persona anche di chi ha sbagliato gravemente; a credere in una più equa distribuzione dei beni; a credere nel rispetto del creato; nell’accoglienza degli stranieri.
Dall'omelia del 29 dicembre 2024 per l'apertura diocesana dell'Anno Santo del nostro Vescovo Giuliano. Orario Sante Messe
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V domenica quaresima - anno CIo non c’entro! La fatica di guardarci dentro. Ritrovare la strada. La vita attraversa prima o poi la notte, tempi di oscurità, di desolazione o di crisi. E, dentro la notte, proviamo a trovare la strada per tornare verso casa. A volte la notte ci sorprende inaspettata, a volte le siamo andati incontro, a volte siamo stati proprio noi a spegnare la luce. Nel suo racconto della Passione del Signore, Luca ci mette davanti degli esempi, dei ten-tativi per ritrovare la strada. Il suo racconto, infatti, si distende dalla sera all’alba, dalla cena di Gesù con i discepoli fino allo scorgere le prime luci del sabato (Lc 23,54). Luca vuole forse dirci che in quella notte Dio non solo non ci abbandona, ma la attraversa con noi. Nel suo racconto, infatti, le vicende degli uomini e quelle di Dio si intrecciano per diventare un unico racconto. Perdersi per amore. Ci si può perdere prima di tutto perché si sceglie di donare se stessi. Ci si perde, come Gesù, quando si fa della propria vita un cibo che può nutrire e aiutare altri a vivere. Ci si perde come lui quando l’amore viene sprecato come il sangue, come il profumo che inebria la stanza e non può più essere recuperato. Qui il perdersi è un’immagine dell’amore: non si arriva mai ad amare se non si sceglie di perdersi. Perdersi in una relazione. Ci si perde anche perché si tradisce. Il tradimento avviene sempre in una relazione che sembrava diversa. Non sarebbe possibile il tradimento se prima non ci fosse stata fiducia. Giuda sa dove trovare Gesù. Bisogna conoscere l’altro e godere della sua fiducia per poterlo tradire. Giuda, infatti, può avvicinarsi a Gesù e baciarlo. Si perde chi non vede. Ci si può perdere come il sommo sacerdote e gli altri membri del Sinedrio. Ci si perde infatti perché ci si ostina a non vedere. Ci si irrigidisce nei propri schemi. Ci si perde perché non si è disposti ad accettare che le cose possono essere anche diverse da come le abbiamo immaginate. Ci si perde perché non si accetta di avere torto. Ci si perde, in fondo, perché non si è disposti a cedere il proprio potere. Perdersi nell’indecisione. Ci si perde, perché, come Pilato, non si decide. Pilato è l’immagine dell’indecisione, è l’immagine di chi vede, ma non riesce ad agire di conseguenza. Pilato è colui che si smarrisce perché ha paura di perdere il consenso. Si perde perché è concentrato sulla sua immagine. Teme il giudizio della folla, teme di perdere con-sensi. L’indecisione di Pilato è imbarazzante, perché lo porta ad agire in maniera goffa e ingiusta. La sua indecisione ricade sul più debole, sull’innocente. Il dolore innocente. La strada per tornare a casa a volte è una strada di sofferenza, una sofferenza di cui non abbiamo colpa. Siamo innocenti, ma una croce ci cade addosso. E siamo costretti a percorrere quella strada. Mentre è sotto quella croce, Simone non può certamente capire che è quella la strada che lo riporta a casa. Lo potrà capire soltanto dopo, quando sarà chiaro che quel pezzo di strada faceva parte del disegno di Dio per salvare l’umanità. Ritrovarsi alla fine. Si può ritrovare la strada verso casa anche in extremis, all’ultimo momento, perché ci si rende conto che la strada percorsa era tutta sbagliata. Riconoscerlo non è scontato, perché qualcuno vive questo momento di consapevolezza anche nella rabbia e nell’odio distruttivo. Accanto a Gesù sulla croce vediamo proprio due modi diversi di reagire davanti alla conclusione di un cammino sbagliato: ci sono due malfattori, ma uno insulta e l’altro chiede perdono. Uno dovrà ancora camminare, l’altro entra in casa! Ritrovarsi oltre gli schemi. Si può tornare a casa anche se si proviene da molto lontano. Si torna a casa perché ci si lascia interrogare, perché si sconfina oltre gli schemi e i pregiudizi. Il centurione romano è un pa-gano, viene da un’altra cultura, viene da un modo di pensare diverso, ma si lascia interrogare da quello che vede. Riconosce la verità, anche se deve andare controcorrente, anche se probabilmente ne pagherà le conseguenze, anche se dovrà entrare in un modo nuovo di vedere il mondo: “Veramente quest’uomo era giusto!” (Lc 23,48). Ritornare a casa perché tutto è finito. Si può tornare a casa anche perché non si è più capaci di sperare. Si torna a casa perché sembra che tutto sia finito. Si torna a casa dopo aver fatto tutto quello che si doveva. Giuseppe d’Arimatea è un uomo coraggioso e diligente. Chiede il corpo di Gesù, lo depone dalla croce, lo avvolge in un lenzuolo, lo mette in un sepolcro. Abbiamo fatto quello che dovevamo fare, ora possiamo tornare a casa. Chissà con quali sentimenti quest’uomo ha ripreso la via verso casa! Qual è la casa? Qual è veramente la strada per tornare a casa? Le donne alla fine del racconto di Luca osservano, contemplano il sepolcro: sarà quella la casa? Poi tornano indietro per preparare gli aromi e i profumi e si fermano in casa per osservare il riposo: è quella la casa dove tornare? La passione ci lascia allora con questa domanda: qual è veramente la nostra casa, quella verso cui dobbiamo metterci in cammino? Don Gaetano Piccolo |
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V domenica quaresima - anno C
Io non c’entro! La fatica di guardarci dentro.
Ritrovare la strada.
La vita attraversa prima o poi la notte, tempi di oscurità, di desolazione o di crisi. E, dentro la notte, proviamo a trovare la strada per tornare verso casa. A volte la notte ci sorprende inaspettata, a volte le siamo andati incontro, a volte siamo stati proprio noi a spegnare la luce. Nel suo racconto della Passione del Signore, Luca ci mette davanti degli esempi, dei ten-tativi per ritrovare la strada. Il suo racconto, infatti, si distende dalla sera all’alba, dalla cena di Gesù con i discepoli fino allo scorgere le prime luci del sabato (Lc 23,54). Luca vuole forse dirci che in quella notte Dio non solo non ci abbandona, ma la attraversa con noi. Nel suo racconto, infatti, le vicende degli uomini e quelle di Dio si intrecciano per diventare un unico racconto.
Perdersi per amore.
Ci si può perdere prima di tutto perché si sceglie di donare se stessi. Ci si perde, come Gesù, quando si fa della propria vita un cibo che può nutrire e aiutare altri a vivere. Ci si perde come lui quando l’amore viene sprecato come il sangue, come il profumo che inebria la stanza e non può più essere recuperato. Qui il perdersi è un’immagine dell’amore: non si arriva mai ad amare se non si sceglie di perdersi.
Perdersi in una relazione.
Ci si perde anche perché si tradisce. Il tradimento avviene sempre in una relazione che sembrava diversa. Non sarebbe possibile il tradimento se prima non ci fosse stata fiducia. Giuda sa dove trovare Gesù. Bisogna conoscere l’altro e godere della sua fiducia per poterlo tradire. Giuda, infatti, può avvicinarsi a Gesù e baciarlo.
Si perde chi non vede.
Ci si può perdere come il sommo sacerdote e gli altri membri del Sinedrio. Ci si perde infatti perché ci si ostina a non vedere. Ci si irrigidisce nei propri schemi. Ci si perde perché non si è disposti ad accettare che le cose possono essere anche diverse da come le abbiamo immaginate. Ci si perde perché non si accetta di avere torto. Ci si perde, in fondo, perché non si è disposti a cedere il proprio potere. Perdersi nell’indecisione. Ci si perde, perché, come Pilato, non si decide. Pilato è l’immagine dell’indecisione, è l’immagine di chi vede, ma non riesce ad agire di conseguenza. Pilato è colui che si smarrisce perché ha paura di perdere il consenso. Si perde perché è concentrato sulla sua immagine. Teme il giudizio della folla, teme di perdere con-sensi. L’indecisione di Pilato è imbarazzante, perché lo porta ad agire in maniera goffa e ingiusta. La sua indecisione ricade sul più debole, sull’innocente. Il dolore innocente. La strada per tornare a casa a volte è una strada di sofferenza, una sofferenza di cui non abbiamo colpa. Siamo innocenti, ma una croce ci cade addosso. E siamo costretti a percorrere quella strada. Mentre è sotto quella croce, Simone non può certamente capire che è quella la strada che lo riporta a casa. Lo potrà capire soltanto dopo, quando sarà chiaro che quel pezzo di strada faceva parte del disegno di Dio per salvare l’umanità.
Ritrovarsi alla fine.
Si può ritrovare la strada verso casa anche in extremis, all’ultimo momento, perché ci si rende conto che la strada percorsa era tutta sbagliata. Riconoscerlo non è scontato, perché qualcuno vive questo momento di consapevolezza anche nella rabbia e nell’odio distruttivo. Accanto a Gesù sulla croce vediamo proprio due modi diversi di reagire davanti alla conclusione di un cammino sbagliato: ci sono due malfattori, ma uno insulta e l’altro chiede perdono. Uno dovrà ancora camminare, l’altro entra in casa!
Ritrovarsi oltre gli schemi.
Si può tornare a casa anche se si proviene da molto lontano. Si torna a casa perché ci si lascia interrogare, perché si sconfina oltre gli schemi e i pregiudizi. Il centurione romano è un pa-gano, viene da un’altra cultura, viene da un modo di pensare diverso, ma si lascia interrogare da quello che vede. Riconosce la verità, anche se deve andare controcorrente, anche se probabilmente ne pagherà le conseguenze, anche se dovrà entrare in un modo nuovo di vedere il mondo: “Veramente quest’uomo era giusto!” (Lc 23,48).
Ritornare a casa perché tutto è finito.
Si può tornare a casa anche perché non si è più capaci di sperare. Si torna a casa perché sembra che tutto sia finito. Si torna a casa dopo aver fatto tutto quello che si doveva. Giuseppe d’Arimatea è un uomo coraggioso e diligente. Chiede il corpo di Gesù, lo depone dalla croce, lo avvolge in un lenzuolo, lo mette in un sepolcro. Abbiamo fatto quello che dovevamo fare, ora possiamo tornare a casa. Chissà con quali sentimenti quest’uomo ha ripreso la via verso casa! Qual è la casa? Qual è veramente la strada per tornare a casa? Le donne alla fine del racconto di Luca osservano, contemplano il sepolcro: sarà quella la casa? Poi tornano indietro per preparare gli aromi e i profumi e si fermano in casa per osservare il riposo: è quella la casa dove tornare? La passione ci lascia allora con questa domanda: qual è veramente la nostra casa, quella verso cui dobbiamo metterci in cammino?
Don Gaetano Piccolo
Ritrovare la strada.
La vita attraversa prima o poi la notte, tempi di oscurità, di desolazione o di crisi. E, dentro la notte, proviamo a trovare la strada per tornare verso casa. A volte la notte ci sorprende inaspettata, a volte le siamo andati incontro, a volte siamo stati proprio noi a spegnare la luce. Nel suo racconto della Passione del Signore, Luca ci mette davanti degli esempi, dei ten-tativi per ritrovare la strada. Il suo racconto, infatti, si distende dalla sera all’alba, dalla cena di Gesù con i discepoli fino allo scorgere le prime luci del sabato (Lc 23,54). Luca vuole forse dirci che in quella notte Dio non solo non ci abbandona, ma la attraversa con noi. Nel suo racconto, infatti, le vicende degli uomini e quelle di Dio si intrecciano per diventare un unico racconto.
Perdersi per amore.
Ci si può perdere prima di tutto perché si sceglie di donare se stessi. Ci si perde, come Gesù, quando si fa della propria vita un cibo che può nutrire e aiutare altri a vivere. Ci si perde come lui quando l’amore viene sprecato come il sangue, come il profumo che inebria la stanza e non può più essere recuperato. Qui il perdersi è un’immagine dell’amore: non si arriva mai ad amare se non si sceglie di perdersi.
Perdersi in una relazione.
Ci si perde anche perché si tradisce. Il tradimento avviene sempre in una relazione che sembrava diversa. Non sarebbe possibile il tradimento se prima non ci fosse stata fiducia. Giuda sa dove trovare Gesù. Bisogna conoscere l’altro e godere della sua fiducia per poterlo tradire. Giuda, infatti, può avvicinarsi a Gesù e baciarlo.
Si perde chi non vede.
Ci si può perdere come il sommo sacerdote e gli altri membri del Sinedrio. Ci si perde infatti perché ci si ostina a non vedere. Ci si irrigidisce nei propri schemi. Ci si perde perché non si è disposti ad accettare che le cose possono essere anche diverse da come le abbiamo immaginate. Ci si perde perché non si accetta di avere torto. Ci si perde, in fondo, perché non si è disposti a cedere il proprio potere. Perdersi nell’indecisione. Ci si perde, perché, come Pilato, non si decide. Pilato è l’immagine dell’indecisione, è l’immagine di chi vede, ma non riesce ad agire di conseguenza. Pilato è colui che si smarrisce perché ha paura di perdere il consenso. Si perde perché è concentrato sulla sua immagine. Teme il giudizio della folla, teme di perdere con-sensi. L’indecisione di Pilato è imbarazzante, perché lo porta ad agire in maniera goffa e ingiusta. La sua indecisione ricade sul più debole, sull’innocente. Il dolore innocente. La strada per tornare a casa a volte è una strada di sofferenza, una sofferenza di cui non abbiamo colpa. Siamo innocenti, ma una croce ci cade addosso. E siamo costretti a percorrere quella strada. Mentre è sotto quella croce, Simone non può certamente capire che è quella la strada che lo riporta a casa. Lo potrà capire soltanto dopo, quando sarà chiaro che quel pezzo di strada faceva parte del disegno di Dio per salvare l’umanità.
Ritrovarsi alla fine.
Si può ritrovare la strada verso casa anche in extremis, all’ultimo momento, perché ci si rende conto che la strada percorsa era tutta sbagliata. Riconoscerlo non è scontato, perché qualcuno vive questo momento di consapevolezza anche nella rabbia e nell’odio distruttivo. Accanto a Gesù sulla croce vediamo proprio due modi diversi di reagire davanti alla conclusione di un cammino sbagliato: ci sono due malfattori, ma uno insulta e l’altro chiede perdono. Uno dovrà ancora camminare, l’altro entra in casa!
Ritrovarsi oltre gli schemi.
Si può tornare a casa anche se si proviene da molto lontano. Si torna a casa perché ci si lascia interrogare, perché si sconfina oltre gli schemi e i pregiudizi. Il centurione romano è un pa-gano, viene da un’altra cultura, viene da un modo di pensare diverso, ma si lascia interrogare da quello che vede. Riconosce la verità, anche se deve andare controcorrente, anche se probabilmente ne pagherà le conseguenze, anche se dovrà entrare in un modo nuovo di vedere il mondo: “Veramente quest’uomo era giusto!” (Lc 23,48).
Ritornare a casa perché tutto è finito.
Si può tornare a casa anche perché non si è più capaci di sperare. Si torna a casa perché sembra che tutto sia finito. Si torna a casa dopo aver fatto tutto quello che si doveva. Giuseppe d’Arimatea è un uomo coraggioso e diligente. Chiede il corpo di Gesù, lo depone dalla croce, lo avvolge in un lenzuolo, lo mette in un sepolcro. Abbiamo fatto quello che dovevamo fare, ora possiamo tornare a casa. Chissà con quali sentimenti quest’uomo ha ripreso la via verso casa! Qual è la casa? Qual è veramente la strada per tornare a casa? Le donne alla fine del racconto di Luca osservano, contemplano il sepolcro: sarà quella la casa? Poi tornano indietro per preparare gli aromi e i profumi e si fermano in casa per osservare il riposo: è quella la casa dove tornare? La passione ci lascia allora con questa domanda: qual è veramente la nostra casa, quella verso cui dobbiamo metterci in cammino?
Don Gaetano Piccolo
SACRA FAMIGLIA DI GESU', GIUSEPPE E MARIA
Rimetti tutto a posto! Vivere l’ordinarietà della vita.
Il viaggio.
Dentro un momento di ordinaria incomprensione tra genitori e figli, c’è un senso teologico ancora più profondo. Innanzitutto perché Gesù compie insieme ai propri genitori un viaggio verso Gerusalemme, anticipando in qualche modo quel viaggio che proprio nel Vangelo di Luca è il centro del racconto: alla fine del capitolo nove, Gesù deciderà consapevolmente di andare a Gerusalemme per dare la sua vita per noi.
Cercare Dio.
Maria cerca il bambino Gesù, come le donne cercheranno Gesù al sepolcro: sia Maria all’inizio della vita di Gesù, che le donne alla fine del Vangelo, sono il simbolo di ogni credente chiamato a cercare il Signore, nonostante la fatica e a volte l’incapacità di trovarlo.
Dio infatti si fa trovare. Dio invece ci sorprende.
È là dove non penseremmo di trovarlo. Non è né nella carovana né nel sepolcro. Dio è altrove.
Alleanza educativa. Maria non è solo figura del credente che cerca, ma, insieme a Giuseppe, condivide la fatica e l’inquietudine di ogni genitore davanti ai comportamenti indecifrabili, e a volte irritanti, dei figli. Maria si rivolge a Gesù non con un rimprovero, ma con una domanda: chiede di capire, prima di giudicare. Non affronta Gesù da sola, ma coinvolge Giuseppe in un’alleanza educativa: tuo padre e io ti cercavamo (cf Lc 2,48). A volte, i comportamenti difficili dei figli rischiano di spezzare la relazione tra i genitori, indebolendo il loro intervento educativo. Giuseppe rimane in silenzio. Lascia parlare Maria. Forse per un accordo previo tra loro o perché è consapevole che in quel momento per lui è meglio tacere.
Padre.
La risposta di Gesù è difficile da comprendere per i suoi genitori. Ci colpisce perché sarà an-che la sua ultima parola. Tutta la vita di Gesù è ricompresa dall’inizio alla fine dentro la sua relazione con il Padre.
Vita ordinaria. Anche in questa incomprensione, che spesso caratterizza la vita del genitore, Maria e Giuseppe continuano a stare accanto al figlio nella quotidianità della vita, pur sapendo che ci sarà un giorno in cui dovranno farsi da parte per lasciare che le folle affaticate e senza guida prendano il loro posto.
Come Maria ha generato Gesù nella sua nascita, così, successivamente, sarà la Parola che lo genererà alla vita adulta.
Don Gaetano Piccolo
Il viaggio.
Dentro un momento di ordinaria incomprensione tra genitori e figli, c’è un senso teologico ancora più profondo. Innanzitutto perché Gesù compie insieme ai propri genitori un viaggio verso Gerusalemme, anticipando in qualche modo quel viaggio che proprio nel Vangelo di Luca è il centro del racconto: alla fine del capitolo nove, Gesù deciderà consapevolmente di andare a Gerusalemme per dare la sua vita per noi.
Cercare Dio.
Maria cerca il bambino Gesù, come le donne cercheranno Gesù al sepolcro: sia Maria all’inizio della vita di Gesù, che le donne alla fine del Vangelo, sono il simbolo di ogni credente chiamato a cercare il Signore, nonostante la fatica e a volte l’incapacità di trovarlo.
Dio infatti si fa trovare. Dio invece ci sorprende.
È là dove non penseremmo di trovarlo. Non è né nella carovana né nel sepolcro. Dio è altrove.
Alleanza educativa. Maria non è solo figura del credente che cerca, ma, insieme a Giuseppe, condivide la fatica e l’inquietudine di ogni genitore davanti ai comportamenti indecifrabili, e a volte irritanti, dei figli. Maria si rivolge a Gesù non con un rimprovero, ma con una domanda: chiede di capire, prima di giudicare. Non affronta Gesù da sola, ma coinvolge Giuseppe in un’alleanza educativa: tuo padre e io ti cercavamo (cf Lc 2,48). A volte, i comportamenti difficili dei figli rischiano di spezzare la relazione tra i genitori, indebolendo il loro intervento educativo. Giuseppe rimane in silenzio. Lascia parlare Maria. Forse per un accordo previo tra loro o perché è consapevole che in quel momento per lui è meglio tacere.
Padre.
La risposta di Gesù è difficile da comprendere per i suoi genitori. Ci colpisce perché sarà an-che la sua ultima parola. Tutta la vita di Gesù è ricompresa dall’inizio alla fine dentro la sua relazione con il Padre.
Vita ordinaria. Anche in questa incomprensione, che spesso caratterizza la vita del genitore, Maria e Giuseppe continuano a stare accanto al figlio nella quotidianità della vita, pur sapendo che ci sarà un giorno in cui dovranno farsi da parte per lasciare che le folle affaticate e senza guida prendano il loro posto.
Come Maria ha generato Gesù nella sua nascita, così, successivamente, sarà la Parola che lo genererà alla vita adulta.
Don Gaetano Piccolo